mercoledì 24 aprile 2019

Primo de Lazzari: 'E' sempre difficile e amaro per me andare a quel 25 aprile'

'Il fascismo non è un'opinione, è un crimine', Giacomo Matteotti

di Aurora Taranto

Quest'anno ricorre il 74esimo anniversario della Liberazione d'Italia. Il 25 aprile del 1945 è stato un giorno fondamentale per il nostro Paese. La Resistenza contro l'occupazione nazista ed il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana ebbe inizio l'8 settembre del 1943. In 19 mesi di lotta oltre 100 mila partigiani persero la vita. Tra i combattenti sopravvissuti c'è Primo De Lazzari, partigiano della Brigata Garibaldi "Ferretto" operante nel Veneto. Ecco la sua cronaca di quel tragico ed entusiasmante giorno.
'L’alba di quel 25 aprile, giorno di attacco generale alle posizioni nazifasciste nelle zone da Mestre a Treviso, porta al piccolo nucleo di giovani di Marcon (allora centro agricolo a ridosso di Mestre industriale) la perdita di Adolfo Ortolan (Dolfino), il più giovane, ma anche il migliore di tutti noi. Entusiasta ed intransigente nella lotta, 16 anni, impegnato da tempo nella Resistenza assieme al padre Giacomo (un operaio di Porto Marghera) e allo zio Ettore, in quella piccola cellula del Fronte della Gioventù, Dolfino era sfuggito casualmente, come me, poco prima, ad un massiccio rastrellamento delle nostre zone ad opera della brigata nera di Mestre. L’attacco repubblichino si era mosso a seguito di una delazione, purtroppo venuta dall’interno delle nostre file, per annientare il gruppo «ribelle» aggregato alla brigata Garibaldi, Erminio Ferretto che unendosi alle squadre più agguerrite di partigiani della zona aveva dato filo da torcere ai fascisti. La solidarietà dei contadini riesce però a vanificare quasi del tutto l’impresa nemica, cosicché viene preso solo uno del gruppo, Valter Chinellato. Gli altri, messi sull’avviso ma ormai identificati, debbono cambiare aria. Io ricordo, i repubblichini infuriati per lo scacco, bloccati da un allarme aereo e dal sopraggiungere della sera, si abbandonarono alle angherie, giungendo fino a trascinare in giro per il paese l’anziano prete di Gaggio legato con le corde strappate alle campane della Chiesa.
Primo De Lazzari
(foto da delazzariprimonomebocia.blogspot.com)
L’inizio dell’insurrezione, dunque, ci trova profondamente feriti; la tragedia che colpisce l’intero gruppo con l’uccisione a Canizzano (vicino a Treviso) del più giovane compagno ci abbatte molto. Con un fraterno amico di allora, Mario Carmignola (divenuto poi sindacalista), ci abbandoniamo sconvolti al ricordo del compagno perso – tra l’altro in modo particolarmente efferato – e trovandoci a temere per l’altro arrestato, pieni di furore e di aspri propositi verso chi aveva causato la frantumazione della cellula. Poi stimolali anche dall’esempio del padre prendiamo parte alla Liberazione del paese, mentre nei dintorni, la nostra formazione al comando di Umberto De Bei (un giovane operaio dell’ILVA, condannato dal Tribunale Speciale) e di Martino Ferretto, passa all’attacco insieme alle squadre della brigata Negrin. A Marocco c’è l’assalto a Villa Volpi, sede del comando tedesco; a Favaro si perde un altro ragazzo, Antonio Piatto, falciato da un’autocolonna nazifascista; a San Michele del Quarto (oggi Quarto d’Altino) gli armati di Angelo Gobbo liberano il paese. A Marghera gli operai presidiano le fabbriche mentre attorno si combatte: a Mogliano, a Preganziol, a Tessera, a Mirano. A Marcon e a Gaggio si fanno diversi prigionieri, concentrandoli nella fornace di laterizi.
Il 25 aprile del 1945 furono trucidati dalle brigate nere a Cannizzaro presso la casa colonica delle Malevolte 5 partigiani tra i quali Dolfino Ortolan, grande amico e compagno di lotta. Gli scontri sono duri e sanguinosi mentre anche tra noi, in campagna, giungono notizie che ci entusiasmano: a Venezia la rivolta nel carcere di Santa Maria Maggiore, l’occupazione della sede della radio; a Mestre la sconfitta delle brigate nere e la cattura di alcuni gerarchi responsabili di tanti atti di ferocia, sulla rotabile Triestina, la resa di reparti tedeschi in ritirata attaccati ripetutamente a Cà Noghera, Tessera, Trepalade, Portegrandi. 
Il 26 e 27 aprile tutte queste località sono nelle nostre mani; la gente esulta, mentre nel pomeriggio del 29 accogliamo a Mestre già liberata alcuni reparti della brigata Mario Gordini provenienti da Chioggia, Dolo e Mira. Unitamente ad un distaccamento corazzato di truppe neozelandesi, se non ricordo male, i partigiani della Gordini giungono dapprima circospetti, poi festeggiati alle Barche e al Ponte della Campana.
Mi si chiede, ancora, cosa pensavamo allora. Sono le stesse cose che penso quando mi accade di tornare alla vecchia casa e mi trovo lì, davanti a quelle quattro zolle del cimitero e guardando il volto adolescente sulla lapide io ed altri ci chiediamo se ne è valsa la pena, se e cosa abbiamo realizzato di quello che immaginavamo, di quello che loro volevano. Forse assai poco; troppo poco se è vero che per gli adolescenti di oggi c’è un mondo così ingiusto e inquieto'.

Fonti: wikipedia.org e Democrazia e lavoro Cgil

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