giovedì 16 maggio 2019

Peppino Impastato: ‘La mafia uccide, il silenzio pure’

'Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!’, Peppino Impastato

di Rachele Miranti


Peppino Impastato - (foto da wikipedia.org)
Giuseppe Impastato, detto Peppino, nasce il 5 gennaio del 1948 a Cinisi, in provincia di Palermo, da una famiglia mafiosa. Giuseppe non accettò mai il fatto che il padre fosse affiliato alle famiglie mafiose di Cinisi e fu per questo che, ancora ragazzo, venne cacciato fuori di casa. Nel 1965, aderì al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria e fondò il giornalino "L'idea socialista": su questa pubblicazione raccontò, tra l'altro, la Marcia della protesta e della pace voluta, nel 1967, da Danilo Dolci. Successivamente, Peppino lasciò il Psiup ed iniziò a collaborare come dirigente con i gruppi comunisti locali occupandosi delle battaglie dei disoccupati, degli edili e soprattutto dei contadini, che erano stati privati dei loro terreni per favorire la realizzazione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, proprio a Cinisi. Nel 1968 prese parte alle prime occupazioni e alle lotte studentescheIn seguito, aderì alla Lega, gruppo marxista - leninista. Nell'autunno del 1972 Peppino Impastato  si avvicinò a ‘Lotta Continua’ e dopo avere conosciuto Mauro Rostagno, prese parte alla maggior parte delle riunioni dei quadri dell'organizzazione.
Nel 1975 fondò 'Musica e Cultura' e, nel 1976, Radio Aut, emittente libera ed autofinanziata, con la quale denunciò i delitti e gli affari dei mafiosi locali. Nel 1978 Peppino decise di candidarsi alle elezioni comunali del suo paese nella lista di Democrazia Proletaria; poco prima delle elezioni, si occupò dell'esposizione di una mostra fotografica che documentava la devastazione del territorio messa in atto da gruppi mafiosi e speculatori.
A soli trent'anni, nella notte tra l'8 e il 9 maggio di quell'anno, Giuseppe fu assassinato: il suo corpo venne martoriato da una carica di tritolo collocata lungo i binari della ferrovia di Cinisi, che congiunge Palermo a Trapani. L'intento degli assassini era quello di simulare un attentato suicida, ma ciò non bastò a compromettere la reputazione e l'immagine di Impastato. Infatti, pochi giorni dopo, in occasione delle votazioni amministrative, venne eletto ‘simbolicamente’ al Consiglio comunale. 
La sua morte passò quasi inosservata poiché nelle stesse ore venne rinvenuto in via Caetani a Roma anche il corpo di Aldo Mordo, ucciso dalle Brigate Rosse. Successivamente l'impegno di sua madre Felicia e di suo fratello Giovanni farà sì che l'inchiesta sul suo decesso (inizialmente archiviata con una certa fretta come suicidio) venga riaperta: nel 1984 l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo riconoscerà l'origine mafiosa dell'omicidio. All'inizio degli anni Duemila vennero condannati, in quanto ritenuti i mandanti dell'omicidio, i boss Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti, il primo a trent'anni di reclusione, il secondo all'ergastolo. 
Peppino Impastato è stato uno dei tanti siciliani onesti che hanno dato la vita per combattere la mafia e, oggi, sono un esempio di integrità morale e di impegno sociale e civile da imitare. E' nostro dovere ricordarlo ed operare seguendo i suoi insegnamenti e le sue parole: ‘Noi - sosteneva spesso - ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!’

Fonti: centroimpastato.commam-e.itradioaut.org


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