di Alessia Xeka
Tre graffiti di Banksy |
I miei genitori sono emigranti. Più di vent'anni fa sono fuggiti dall'Albania. Spinti
dall'oppressione statalista di quel paese e dal conflitto che in quella regione
è scoppiato dopo la caduta del muro di Berlino avvenuta nel 1989. Eventi questi
che hanno costretto moltissime famiglie a scappare dalla miseria e dalla
guerra. Un futuro migliore con un lavoro stabile che consentisse
la creazione di una famiglia e di vivere una vita dignitosa, era questo il
desiderio dei miei genitori.
Mia madre mi ha raccontato gli ostacoli che ha
dovuto affrontare per raggiungere l'Italia,
che allora appariva ai loro occhi come 'la terra promessa'. La
precarietà, il disagio, la paura di perdere la vita in mare e di essere
rimpatriati. Pensieri tristi che per un momento gli fecero venir meno la speranza
in un futuro migliore, quello che essi avevano anelato prima della partenza. Poi
l'arrivo sulle coste pugliesi, il viaggio per la Sicilia, l'inserimento nel
nuovo tessuto sociale, le difficoltà con la lingua, i primi lavori, la
famiglia, una figlia nata nella 'terra promessa', una bambina italiana, ma
purtroppo senza cittadinanza.
Vi assicuro che non si tratta di un semplice
foglietto di carta. E' qualcosa
di più, specialmente per chi è nato ed è sempre vissuto in Italia. E’ uno 'status'
giuridico che rende orgogliosi e fieri di appartenere formalmente ad una
comunità. E' una sensazione ed un sentimento impossibile da spiegare a chi è
sempre stato 'italiano', specie per coloro che ne minimizzano il significato e
pensano che sia scontato avere un senso di appartenenza ad un luogo, ad una
terra, ad un Paese.
L’attesa
e la speranza mi hanno portato, durante gli anni dell'adolescenza, ad
informarmi su tutto ciò che accadeva in politica, sperando che il disegno di legge
sulla cittadinanza, di cui si parlava nei mesi scorsi, il cosiddetto Ius Soli,
potesse essere approvato dal Parlamento. Ho sperato nella sua emanazione ed
oggi prego Dio che ciò avvenga presto, soprattutto per chi in futuro si troverà
nelle mie stesse condizioni, cioè di essere italiana senza patria.
Ora che ho compiuto diciotto anni e che ho potuto ottenere la cittadinanza anche dal punto
di vista formale, sono pronta a sfidare il razzismo ed a difendere la gente
come me, oggetto di diffidenza, di mancanza di fiducia e di intolleranza da
parte di molti miei concittadini. Parlare la lingua italiana, studiarla a
scuola e perfino avere una conoscenza degli idiomi siciliani, senza avere la cittadinanza
sembra quasi una barzelletta. Ciò che spero è che un giorno in Italia chi nasce nel territorio nazionale possa acquisire la 'civitas' senza troppe pratiche da svolgere e senza denaro da spendere per
ottenerla. Credo fortemente nella mia generazione, ma allo stesso tempo voglio
dare fiducia agli adulti che ci governano. Credo negli ideali che mi sono stati
trasmessi dagli uomini che ho imparato a conoscere durante la mia adolescenza
siciliana come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Don Andrea Gallo, Fabrizio
de Andrè, Bruce Springsteen, Bob Dylan e Giulio Regeni.
Desidero l’unità, la fratellanza, il rispetto tra
etnie diverse. Questo
mio sentimento nasce da un dispiacere che mi porto dietro da quando ero piccola: ogni volta che dicevo
di non avere origini italiane venivo subito vista con un occhio diverso, mi
sentivo sotto pressione ed esaminata. D’altronde, mi dicevo, l’Italia è sempre
stata abitata da diverse etnie e gli italiani non possono assolutamente
ammettere di essere 'puri' o sbaglio?
Come
tutti i miei concittadini anch’io da adesso in poi avrò il diritto al voto, qualcosa
che mi rende orgogliosa poiché sono fortemente legata alla storia, alle ideologie
e alla politica del mio paese: l'Italia. L’unica cosa che in questi giorni di gioia mi ha fatto
sorridere è stata la domanda che mi è stata posta da un amico: “Quindi, ora che sei italiana, anche tu hai
una parte del debito pubblico?” "Ebbene sì, sono invidiosa di tutti
voi italiani e adesso sono felice di averlo anch'io questo 'fardello' essendo
anch’io italiana” risposi, ovviamente, in modo sarcastico.
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