venerdì 12 aprile 2019

La mia storia, la mia Italia, la mia parte di debito pubblico

'Son, take a good look around, this is your hometown, ragazzo dai una bella occhiata in giro, questa è la tua città', Bruce Springsteen 

di Alessia Xeka


Tre graffiti di Banksy
Come si può vivere in un paese di cui fai parte, in cui sei nata, dove hai vissuto per tutta la vita, senza avere la cittadinanza, acquisita solo al compimento dei diciotto anni? Questa è la mia storia, la storia di un’adolescente che ha sperato, ha lottato, ha pagato, sia materialmente che umanamente, contro una società bigotta e razzista.
I miei genitori sono emigranti. Più di vent'anni fa sono fuggiti dall'Albania. Spinti dall'oppressione statalista di quel paese e dal conflitto che in quella regione è scoppiato dopo la caduta del muro di Berlino avvenuta nel 1989. Eventi questi che hanno costretto moltissime famiglie a scappare dalla miseria e dalla guerra. Un futuro migliore con un lavoro stabile che consentisse la creazione di una famiglia e di vivere una vita dignitosa, era questo il desiderio dei miei genitori.
Mia madre mi ha raccontato gli ostacoli che ha dovuto affrontare per raggiungere l'Italia, che allora appariva ai loro occhi come 'la terra promessa'. La precarietà, il disagio, la paura di perdere la vita in mare e di essere rimpatriati. Pensieri tristi che per un momento gli fecero venir meno la speranza in un futuro migliore, quello che essi avevano anelato prima della partenza. Poi l'arrivo sulle coste pugliesi, il viaggio per la Sicilia, l'inserimento nel nuovo tessuto sociale, le difficoltà con la lingua, i primi lavori, la famiglia, una figlia nata nella 'terra promessa', una bambina italiana, ma purtroppo senza cittadinanza.  
Vi assicuro che non si tratta di un semplice foglietto di carta. E' qualcosa di più, specialmente per chi è nato ed è sempre vissuto in Italia. E’ uno 'status' giuridico che rende orgogliosi e fieri di appartenere formalmente ad una comunità. E' una sensazione ed un sentimento impossibile da spiegare a chi è sempre stato 'italiano', specie per coloro che ne minimizzano il significato e pensano che sia scontato avere un senso di appartenenza ad un luogo, ad una terra, ad un Paese. 
L’attesa e la speranza mi hanno portato, durante gli anni dell'adolescenza, ad informarmi su tutto ciò che accadeva in politica, sperando che il disegno di legge sulla cittadinanza, di cui si parlava nei mesi scorsi, il cosiddetto Ius Soli, potesse essere approvato dal Parlamento. Ho sperato nella sua emanazione ed oggi prego Dio che ciò avvenga presto, soprattutto per chi in futuro si troverà nelle mie stesse condizioni, cioè di essere italiana senza patria.
Ora che ho compiuto diciotto anni e che ho potuto ottenere la cittadinanza anche dal punto di vista formale, sono pronta a sfidare il razzismo ed a difendere la gente come me, oggetto di diffidenza, di mancanza di fiducia e di intolleranza da parte di molti miei concittadini. Parlare la lingua italiana, studiarla a scuola e perfino avere una conoscenza degli idiomi siciliani, senza avere la cittadinanza sembra quasi una barzelletta. Ciò che spero è che un giorno in Italia chi nasce nel territorio nazionale possa acquisire la 'civitas' senza troppe pratiche da svolgere e senza denaro da spendere per ottenerla. Credo fortemente nella mia generazione, ma allo stesso tempo voglio dare fiducia agli adulti che ci governano. Credo negli ideali che mi sono stati trasmessi dagli uomini che ho imparato a conoscere durante la mia adolescenza siciliana come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Don Andrea Gallo, Fabrizio de Andrè, Bruce Springsteen, Bob Dylan e Giulio Regeni. 
Desidero l’unità, la fratellanza, il rispetto tra etnie diverse. Questo mio sentimento nasce da un dispiacere che mi porto dietro da quando ero piccola: ogni volta che dicevo di non avere origini italiane venivo subito vista con un occhio diverso, mi sentivo sotto pressione ed esaminata. D’altronde, mi dicevo, l’Italia è sempre stata abitata da diverse etnie e gli italiani non possono assolutamente ammettere di essere 'puri' o sbaglio?
Come tutti i miei concittadini anch’io da adesso in poi avrò il diritto al voto, qualcosa che mi rende orgogliosa poiché sono fortemente legata alla storia, alle ideologie e alla politica del mio paese: l'Italia. L’unica cosa che in questi giorni di gioia mi ha fatto sorridere è stata la domanda che mi è stata posta da un amico: “Quindi, ora che sei italiana, anche tu hai una parte del debito pubblico?” "Ebbene sì, sono invidiosa di tutti voi italiani e adesso sono felice di averlo anch'io questo 'fardello' essendo anch’io italiana” risposi, ovviamente, in modo sarcastico.

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